Progetto di The Baby Walk
Ideazione Testi Regia di Liv Ferracchiati
Con (in ordine alfabetico) Chiara Leoncini/Psicologa, Linda Caridi/Fidanzata, Alice Raffaelli/Andrea e la partecipazione video di Laura Marinoni nel ruolo della Madre
Dramaturgia di scena Greta Cappelletti
Aiuto regia e costumi Laura Dondi
Scene e foto di scena Lucia Menegazzo
Disegno luci Giacomo Marettelli Priorelli
Suono e fonico Giacomo Agnifili
Direttore di scena Emiliano Austeri
Segretaria di Compagnia Sara Toni
Teaser e Promozione Andrea Campanella
Riprese e montaggio Video Studio Carabas
Locandina Ehsan Mehrbakhsh
Ufficio Stampa Roberta Rem, Maddalena Peluso, Francesca Torcolini
Progetto della Compagnia The Baby Walk
Produzione Centro Teatrale MaMiMò e Teatro Stabile dell’Umbria/Ternifestival. Residenza Campo Teatrale Milano
In collaborazione con Residenza Artistica Multidisciplinare presso CAOS - Centro Arti Opificio Siri – Terni
Si ringrazia Gabriele Dario Belli e ForToMan
I PERSONAGGI DEL SECONDO CAPITOLO
ANDREA (un uomo in un corpo di femmina e anche uno scrittore) FIDANZATA (una donna che aveva tutta un’altra progettualità) PSICOLOGA (una donna in bilico tra i ruoli dell’analisi) MADRE(la madre di Andrea, è onnipresente e il cordone ombelicale mai spezzato la mantiene indissolubilmente legata al figlio. Compare solo in video)
Le vicende con la fidanzata si snodano, più o meno, in quattro anni.
Le vicende con la psicologa si snodano, più o meno, in due anni.
Lo spazio non deve essere necessariamente realistico.
I personaggi, più che agire, attendono.
La madre sarà sempre presente in ogni scena, sarà sempre ingombrante.
Andrea è un uomo transgender, come modernamente e tecnicamente chiamiamo questo fenomeno, ossia è un uomo con due seni e una vagina, ma il fuoco della storia è un altro.
Transgender è un termine per intendersi velocemente, per poter semplificare la comunicazione,il concetto è da approfondire, è filosofico e una volta approfondito elimina la necessità del termine stesso, tranne che per comunicare e intendersi velocemente, appunto.
In STABAT MATER, secondo capitolo della Trilogia sull’identità, viene raccontata la vicenda di un trentenne, scrittore, Andrea, un uomo di cui si possono notare gli aspetti più ordinari nonostante egli stia vivendo una situazione straordinaria.
Tale straordinarietà consiste nel vivere al maschile quando tutti, almeno inizialmente, osservino come il suo corpo abbia sembianze femminili.
Il tema centrale è l’emancipazione dalla madre, la difficoltà di diventare adulti.
Anche in questo spettacolo vengono messe in discussione le certezze a cui ci appigliamo per non cadere in un territorio che potrebbe sfuggire al nostro controllo.
La direzione dell’attore si fonda sulla ricerca costante dell’autenticità, che è una sorta di seconda partitura testuale fatta di pause, relazioni, ritmi martellanti o blandi.
Dinamiche emotive ogni volta rinnovate dall’ascolto dell’unicità del momento, una parola recitata, a tratti smozzicata, che, organica alla drammaturgia del testo, alterna momenti di quotidianità esasperata ad invenzioni che la vanno ad alterare, come quando i “Pensieri Elementari” del protagonista sospendono dialoghi e intreccio.
I “Pensieri Elementari” sono gli a parte di Andrea, quei passaggi nei quali sfoga la sua piena emotiva e passionale con monologhi in metrica, che mostrano le trame del suo teatro interiore.
Così, quando si sente perso, ormai senza più difese, vinto dall’innamoramento per la sua Analista, dal proscenio scaglia sul pubblico la sua furia amorosa contro l’anello al dito della donna, che per lui è il segno dell’ordine sociale al quale non può e non vuole adeguarsi.
Come Frodo ne “Il Signore degli Anelli”, Andrea vuole distruggerlo quell’anello e sente che la Natura, solidale, si impenna, sconvolge il Mondo con spaventosi cataclismi e condanna a morte la Norma ostile a lui e al suo amore.